Nelle Lezioni sulla storia della filosofia (vol. III, 2) Hegel di lui disse che non si è filosofi se non si è spinoziani. Un riconoscimento così forte il molatore di lenti proveniente da una famiglia di marrani non se lo sarebbe mai aspettato in vita. E anche se i suoi testi rimasero come strumento di esercitazione intellettuale per gli aspiranti pensatori e scienziati dei suoi tempi, fu quello il vero e proprio riconoscimento in cui Spinoza entrò nella grande biblioteca dei grandi pensatori dell’umanità. Proprio accanto a Cartesio, di cui aveva superato la divisione tra estensione e pensiero. Ma anche accanto a Leibnitz che a Spinoza mandava le sue prime ricerche di fisica legata all’ottica. Spinoza non si sarebbe divisato a capire come funziona la conoscenza, a mo’ di Kant, dandola per scontata grazie all’affermazione della Fisica di quei tempi. Nemmeno di capire come si fonda un giudizio morale. Tantomeno di sarebbe fatto ingannare dall’apparente universalità che cova all’interno di una valutazione soggettiva, quale è quella del giudizio estetico.
Spinoza parte dalla considerazione che quanto avviene nel
mondo non è a caso. Ma la fondazione del determinismo non deve essere per forza
da ascrive a quel Dio con barba e baffi che osserva e giudica gli accadimenti
umani. Né da una forza intrinseca che è nelle cose.
Semmai la possibilità che in sede umana dobbiamo preservarci
consiste nell’affrontare il grande tema della Modalità in cui avvengono le cose
che sono. E sono, quindi, in virtù del fatto che sono in quello e determinato
modo. Non c’è spazio in questo ambito per il proliferare della soggettività o
per il moltiplicarsi delle spiegazioni possibili. Esiste una verità nelle cose.
E noi lo sappiamo. Questa verità è la sola sostanza. Ci appare attraverso
quella che Spinoza chiama “attributi” della sostanza. Ma quando trattiamo
questa cogente effettività che sussiste nel vivente diciamo la stessa cosa
della verità dell’unico Dio che è nelle cose e della natura la cui espressione
è ugualmente dentro le cose.
Spinoza fa un salto netto dalla centralità ontologica sulla
quale si fonda tutta la nostra tradizione. Nel trittico dio-natura-sostanza
dobbiamo riconoscere la materia delle cose. Non ha senso, quindi, porsi il
dilemma della loro creazione. Non ha senso sentirci grati per vivere nel loro
contesto. Noi stessi siamo dio-natura-sostanza. Noi stessi possiamo essere
un’immagine divina di questa stessa realtà.
L’invito ottimista di Spinoza consiste quindi nell’avere
fiducia nelle capacità espresse da ogni singola persona e consentire che nella
dimensione più slegata da condizioni e pre-condizionamenti possa esprimere la
sua cupiditas.
Il suo insegnamento deve essere vissuto più come tirocinio
per un atteggiamento nuovo nei confronti della vita, e non assolutamente come
nuova dottrina da confrontare e misurare con altri pensatori. In tal senso,
proprio il fondatore del sistema nell’idealismo tedesco, vedeva in Spinoza
l’alba di ogni sapere, di ogni contemplazione, di ogni recepire. La sua non
deve essere concepita come dottrina. Fare molta attenzione, quindi, nel non
confonderlo con tesi panteistiche, anticlericali, alla Giordano Bruno, per
intenderci.
Non a caso Spinoza è molto conosciuto per la sua aneddotica.
Le sue frasi brevi, epigrammatiche, staccate dal contesto di un discorso
fluente di cui sussiste pars destruens
e pars costruens ebbero poi importanti epigoni, come il Wittgenstein del Tractatus
che non a caso emulava il titolo spinoziano di Tractatus di Teologico
Politico. Quindi ai più pigri il pensatore olandese dà modo di essere
apprezzato.
“Ciascuno ha di diritto quanto ha di forza”. Qui non
significa esaltare la legge del più forte semmai dire che non esistono i
diritti senza la capacità materiale di saperli conseguire, tantomeno esistono i
diritti come principi, ma solo nella loro pratica effettività.
“L'occasione arriva solo a colui che è ben preparato” - Inutile
prendersela con la fortuna o la sfortuna. Bisogna esser determinati a saper
interpretare e cogliere determinate condizioni che ci si pongono davanti.
“Di fronte ai drammi della vita non si deve piangere, né
disperarsi, né tanto meno odiare. Bisogna solo comprenderli”. Infaticabile deve
essere la capacità di entrare nelle cose per coglierne gli aspetti evitando di
dannarsi per i loro effetti. E tantissime altre ancora.
E poi la più potente di tutti: “La libertà risiede nel riconoscimento
della necessità”. Ma entrare in sintonia dell’identità tra qualcosa di
necessario e lo stesso che si pone come espressione della libertà consiste nel
fondamento di tutto il suo pensiero.