Quando un genio muove le tende per andarsene il quesito che sorge spontaneo sta nel chiedersi cosa sarebbe successo se lui fosse ancora con noi. La sua vena innovativa non poteva durare all’infinito. E anche quella di Zappa, possiamo dirlo per l’onestà intellettuale a cui ci ha educato, da tempo si trovava in sofferenza. La sinfonia dello Yellow Shark con le credenziali di stare troppo avanti ancora oggi non è stata recepita e si dubita che un giorno lo sia.
Prima ancora una miriade di produzione discografica e
concertistica in cui il chitarrista, nato come batterista, aveva costruito il
suo essere The Man From Utopia usando
le note a suo stilema espressivo. Non era l’unico modulo comunicazionale. Non
era il solo. I suoi testi sono gravidi di provocazioni oggi irripetibili per la
moratoria nei confronti di contenuti sessisti. Ma la ritmica non corrisponde,
in definitiva, a una volontà di potenza che si sostanzia con quanto
effettivamente espresso dalla persona? You
Are What You Is ne è il risultato. Hot
Rats, l’inconfessabile che ciascuno cova senza colpevolezza. E nella vita è
difficile col propellente di questo preconscio trovare una taglia, una
modalità, che si adatti tutto: One Size
Fits All.
La frustrazione riscontrata nell’impossibilità di arrivare a
questa misura la si compensa apostrofando le avversità – Apostrophe – oppure coltivandone un sogno nel laboratorio dove
un Central Scrutinizer determina ogni passaggio decisivo nelle sensazioni
notturne – Over-nite sensation - della
propria vita pulsionale – Joe’s Garage.
Il gioco potrebbe
durare per tanto tempo ancora ma la qualità a cui ci ha educato il musicista
californiano è cambiare, cambiare subito, prima che il motivo arrivi a mentale
esaurimento. Cambiare con variazioni di tempo e di stile in cui ci si
disinteressa della tenuta di un filo logico coerente. Ma la grandezza sta tutta
qui. A differenza di una miriade di imitatori dopo di lui, la compiutezza dello
scritto testuale appare perfettamente costruita come se si trattasse di un
stile nuovo appositamente inventato. Stile che è impossibile seguire o imitare
perché alla prossima occasione sarà una cosa diversa. E la prossima occasione è
adesso.
Zappa era indigesto ai suoi intervistatori. A volte perfino
al suo pubblico che pure lui guardava con attenzione cercando di coglierne le
variazioni di gusto. I suoi biografi riportano di lui la massima attenzione
sulle vendite e la grande sorpresa per il fatto che i dischi, secondo lui,
stilisticamente maggiormente compiuti non avessero incontrato il favore del
grande pubblico. Lui lo attribuiva all’affermazione del Punk e alle sue
filiazioni.
Non amava vestire i panni del talento incompreso. Andava
verso i gusti del pubblico con la tendenza ad anticiparli però. Era dotato di
una grande ironia. Quasi giustificava le prime produzioni discografiche aventi
oggi un valore esclusivamente storiografico. “Erano tempi in cui il produttore
non metteva bocca su quello che suonavi. L’importante per lui era vendere,
qualsiasi cosa gli portassi”. E lì a fare l’imitazione del ricco strafottente
americano attento solo a fare i soldi col talento degli altri.
Memorabile la sua ironica campagna elettorale per diventare
presidente degli Stati Uniti. Le parole declamate sarcasticamente nei concerti
che replicavano il vademecum di un turista che mette piede nel suolo degli
Stati Uniti. Un atteggiamento anti-sistema che però non poteva essere tacciato
di comunismo o disfattismo. A causa delle sue intemerate-antisistema, Zappa
dovette rispondere in un autentico processo con tanto di avvocati e giudici. Lo
fece. Sottoponendosi con disciplina senza pensare mai a fare le valige e
andarsene in una miriade di bellissimi posti nel mondo dove lo avrebbero
accolto a braccia aperte.
Era un figlio dell’America. E l’America sarebbe stata anche
la terra che sopra di lui lo avrebbe coperto dopo il suo passaggio mondano.