La memoria immediata non rende giustizia del destino di un uomo. Succede a Ryan O’Neal che nella sua morte annunciata da un livello di malattia oramai aggravato nel tempo non trova il giusto riconoscimento nei mezzi di informazione apparsi quasi impreparati a ricordarlo degnamente. Di lui tutti menzionano spontaneamente Love Story. Cosa comprensibile. Il film fece un grande scalpore in quei primi anni Settanta. Ma si tratta di una storia che tocca troppo facilmente le corde della sensibilità comune: la morte di lei durante una coinvolgente storia d’amore. È il refrain di amore e morte che si ripete. Un film oggi giustamente dimenticato ma che riappare spontaneamente per far da ingiusto emblema della storia cinematografica di un grande attore.
Ryan O’Neal, infatti, al di là dell’aspetto prestante che lo
portava a bucare qualsiasi scena cinematografica per l’appeal nel mondo
femminile è stato un grande attore. E lo è stato nonostante la gran parte di
film da Serie B del cinema interpretati.
Accanto a questi però due capolavori. Driver L’Imprendibile
e l’immenso Barry Lyndon. Non si
tratta solo di interpretazioni in cui l’attore ha perfettamente vestito i panni
del personaggio. Si tratta proprio della gestione di una maschera tipica di
quegli anni e che potremmo sintetizzare con la definizione di inquieto
protagonista suo malgrado. È il personaggio del nuovo modello sociale
occidentale che allontana il conflitto come possibilità, anche remota, e vive
nel conflitto della sua realizzazione di persona.
Sono i personaggi che ha sempre interpretato Ryan O’Neal da “Ma papà di manda sola?”
all’immenso Barry Lyndon.
Ma si deve ricordarne un altro ingiustamente cancellato
nella memoria dei cronisti cinematografici: Driver L’Imprendibile. Si tratta di
cinema di Serie B. Stiamo parlando di un film che mai e poi mai potrà esser
considerato un cult per gli amanti del cinema di qualità. Attiene invece alla
categorizzazione dei road movie, dei film da strada, di quel genere tipo usa e
getta, di quelle storie su cui non si discute negli Annales del cinema. Eppure contiene diversi temi che sarebbero
degni di essere ripresi.
IN Driver L’Imprendibile il protagonista (Driver,
personificato appunto da Ryan O’Neal) è un autista molto scaltro. Lui aiuta i
rapinatori ad effettuare i furti per scappare via in auto a grandissima
velocità. Ha un talento naturale in questo. E lo chiamano solo per questo
servizio. Lui non prende parte agli episodi criminali. Quindi è pulito, ma è in
contempo complice. Ma il suo è un lavoro. Si tratta di un portatore di servizi
che nella sua vita osserva una sua eticità. In tutto la narrazione, lui come
gli altri protagonisti, è chiamato per la funzione che svolge. Nessuno ha un
nome suo. Esistono solo in virtù di quel che sanno fare. In breve, Driver è
sotto mira di un poliziotto coinvolto nelle bande criminali. Vuole incastrarlo.
Il poliziotto ricatta i criminali per cui lavora Driver per prenderlo. Driver
intesse una storia con una Giocatrice ed è convinto della sua fedeltà perché
lei non lo ha volutamente riconosciuto al confronto della polizia. I due
riescono ad aggirare il poliziotto corrotto. Ma quando Driver va a prendere il
bottino a conclusione della fitta trama è scomparso. L’ha preso chiaramente la
donna Giocatrice. Il senso di ciascuno dei personaggi condotti dal loro destino
obbliga a un’attenta osservazione sui contraddittori tempi che corrono e sul
contrasto dall’ordine delle cose determinato dai rispettivi protagonisti legati
alla loro natura. Ma ciascuno di questi modi di essere non riesce a tradursi in
una figura dell’eticità. Ciascuno rappresenta una propria maschera ineffabile
anche all’arbitrarietà di un nome. Serve solo la funzione del soggetto. Non
altro.
Diverso e più articolata la fisionomia del capolavoro
assoluto Barry Lyndon. Lì come nelle categorie di Stanley Kubrick c’è una trama
al primo tempo e un’altra contraddittoria a questa nel secondo. La morale del
romanzo di Thackeray vuole delineare
come la fortuna di un uomo immeritatamente raggiunta per una miriade di
occasioni fortunate sia chiamata a confermare sé stessa nel momento in cui è
raggiunta, ma che proprio in questa fase cada miseramente. È la contraddizione
delle personalità nell’Età Moderna a cui Ryn O’Neal riesce perfettamente a dare un volto.
E in tutto questo il cronismo
‘logale’ ricorda Love Story. Merita una Love Story.