L’alto uffizio del giudizio. Una vetta dell’umana comprensione ed un sistema col quale le società sono necessitate ad organizzarsi. Sono stati sempre due ambiti molto controversi nelle organizzazioni statali. Circa venti anni fa in un contesto informale, come una telefonata riprodotta attraverso la trascrizione delle intercettazioni, Silvio Berlusconi disse che sarebbe stato bene sottoporre ogni magistrato a un test per saggiarne la piena aderenza al reale e alle capacità di connessione. Era una battuta. Uno sfondone per ridere con gli amici. Fece il giro dei media per le esecrazioni di rito.
Oggi questa possibilità potrebbe diventare cosa effettuale.
Debbono passare diverse procedure legislativa, ma possiamo dire che ieri il
Parlamento ha messo espressamente nelle mani del governo della repubblica l’onere
di valutare se sia il caso di prevedere prove psicoattitudinali per i candidati
all’ingresso in magistratura.
La nota di agenzia passata inosservata non è diventata
ancora terreno di dibattito e discussione generalizzata come fu, venti anni fa,
la boutade di Silvio Berlusconi.
C’è da chiedersi se dopo venti anni questa pratica da
attuare non sia considerata, in definitiva, così scandalosa. Perché un giovane
aspirante giudice non dovrebbe sottoporsi a una sorta di macchina della verità
per capire se è disturbato? Se ha delle compulsioni? Oppure tendenze maniaco
depressive che potrebbero concentrarsi davanti a qualche caso di un povero
soggetto malcapitato sottoposto a giudizio?
Sarebbe anche una cautela legittima se ritenessimo quei test
attendibili. In verità qualsiasi introspezione psicologica, anche praticata in
terapia, non riuscirebbe a cogliere il disagio psichico di un soggetto che
decidesse di mentire per dare di sé una versione conforme alle aspettative del
mondo.
Se fossero sufficienti i testi psicologici non avremmo
sparatori pazzi e soggetti affetti da manie omicide.
Non si tratta di una sfiducia verso le capacità analitiche
di un qualsiasi professionista impegnato nell’indagine della psiche umana. Un
requisito fondamentale però consiste nella collaborazione del soggetto che deve
capire di avere un problema, pertanto si sottopone alle attenzioni di uno
specialista per uscirne. La collaborazione del paziente è tutto in un processo
di comprensione degli stati della psiche di un qualsiasi soggetto.
Diversamente, invece, da colui o colei che volendo apparire
perfettamente commendevole riesce tranquillamente a vestire la maschera di
perfetta conformità alle aspettative di una persona libera da condizionamenti
nevrotici o addirittura psicotici.
E poi c’è sempre l’obiezione per cui chiunque si sottoponga
all’esame sulla perfetta conformità alle aspettative può dare reazioni di adesione
a reazioni di una persona controllata, in una fase della vita. In un’altra fase
tutto può cambiare. Escono nevrosi, l’affaticamento spinge tensioni e pulsioni
un tempo sopite e la persona dà prova tutt’altro rispondente alle aspettative
dei test.
Forse per essere un buon giudice si dovrebbe semplicemente
esser chiamati a farlo. Quando diventa l’espressione di una volontà, quella di
giudicare e in questo modo esercitare un potere, è lì che deve avvenire il
primo allarme.
E poi c'è l'espressione più rivoluzionaria e alta della cristologia: "non giudicate! E non sarete giudicati!" (Matteo, 7, 1).