Abbiamo bisogno di un giornalismo indipendente. Lo ha detto Sabino Cassese intervenendo alla Leopolda ieri. E non si tratta semplicemente dell’essere alle dipendenze di un editore i cui voleri sono ben noti per tanto pretendono di essere rispecchiati nelle posizioni che ‘ autonomamente ‘ i giornalisti asseriscono di difendere.
Si tratta proprio di un’informazione che ha sempre e
comunque un mandante preciso. I dibattiti sono un combinato disposto del
polemismo tra i partiti. Il personale politico oramai quasi evita di farlo, per
stanchezza, per timore di apparire antipatico, per non incorrere nel pericolo
di superare un a plomb che invece viene mantenuto a telecamere spente. E allora
ci sono i giornalisti che discutono tra loro rappresentando perfettamente le
posizioni, anche quelle correntizie, di ciascun partito.
Ma non è solo questo. Evadere da un mandato nei confronti
dei propri lettori significa comunque di farsi espressione di un blocco di
potere. I soggetti in campo sono vari. Possono essere anche grandi imprese o
portatori di interessi sostenitori di una precisa versione della verità.
Ma tra i blocchi di potere ci sono anche le Procure. E farsi
portavoce di una Procura non è più nobile di farsi espressione di un partito o
di un qualsiasi blocco di potere. Ma tornando a Cassese, ieri ha detto: “credo
non ci sarebbe nulla di male se l’Ordine dei Giornalisti stilasse regole più stringenti
che impediscano che i giornalisti diventino portavoce” delle Procure.
Ma rincarando il peso di un giornalismo cortigiano: “abbiamo
bisogno di un giornalismo indipendente”. C’è una realtà di fatto che è
postulata dalla condizione sinteticamente indicata: “l’interprete diventa il
messaggero”. E allora: “non è più l’interprete”.
L’informazione ha una grande responsabilità: “I media ci
devono aiutare a capire qualcosa della realtà che ci circonda e non diventare
il tramite di interessi di categoria o anche generali” - sempre Cassese.
Categorie professionali, come bastioni di potere e avamposti
della vigilanza non possono avere la stessa struttura ab aeterno. Rispondendo sull’attualità di tenere una Procura
Antimafia, così com’è, Cassese ha dato una risposta valevole per ogni
megastruttura di potere o di organizzazione sociale. “Tutti noi, arrivati a una
certa età, dobbiamo andare a fare il check-up”.
E specificamente sull’Antimafia: “Dopo 30 anni bisognerebbe
accertare se il fenomeno mafia e quello del terrorismo si presentino ancora
negli stessi termini in cui si presentavano trenta anni fa, e se il ruolo della
Procura Antimafia debba essere quello di trenta anni fa. Quando si crea un
organismo straordinario deve rispondere allo straordinario, e poi bisogna fare
una verifica successiva”.
Se riguarda l’Antimafia riguarda tutto. Rivedere le forze in
campo, quindi. Avere la capacità di fare un aggiornamento sulle analisi atte a
capire le dinamiche di potere e quelle soccombenti per delineare nuovi ruoli e
nuova capacità di dare la necessaria descrizione delle forze in campo.
Quel che dicono gli attori di sé stessi resta sempre troppo
poco per dire cosa succede a teatro.