È l’autore di Trilogia
di New York. Il capolavoro non declina dalle vicende umane dell’autore.
Resta scolpito nella cultura comune dei nostri tempi offrendo, così come ancora
offre oggi, spunti ripresi nel cinema oltre che in altre ispirazioni
letterarie.
Impossibile stabilire le eredità e filiazioni lasciate da
questo autore che ha creato i nostri tempi. Ha dato nitore e lucentezza alle
allucinazioni come alle tiepide consolazione del sentire comune dell’Occidente.
Potrebbe esser considerato un riferimento di quel processo sintetizzabile come “Tramonto
dell’Occidente” a condizione che questa espressione non appaia come nostalgica
e romanticistica.
Auster non era né l’uno né l’altro. I suoi personaggi sempre
piantati nelle terre rispondono alle necessità di elevarsi dalla terra oltre
poi ripiombarci come ricovero altrettanto voluto. E non si tratta di una figura
dell’Eterno Ritorno o la descrizione di una frustrazione tesa ad elevarsi.
Quanto della condizione tendenziale del nostro tempo. Vivere per emanciparsi
dai suoi dettami e tornare in questa inevitabile condizione di lucida dis-speranza.
Follie di New York, così come la Trilogia dedicata alla
stessa metropoli consistono nelle opere maggiormente menzionate ed
emblematiche. Ma il suo lettore una volta diventato tale con uno qualsiasi
delle sue stesure lo seguirà fino a Baumgartner,
l’ultima pubblicazione.
È stato definito come postmoderno americano. La definizione
sfugge alla prolificità visionaria dei suoi testi che non possono fermarsi alla
dimensione filosofica di chi attinge ad esemplificazione classiche e attuali
per ridare il senso dell’affresco ipersoggettivo
del reale. La definizione anche se riesce a calzare sulla sua figura rischia di
essere troppo inclusiva in un ordine e specie.
Con Paul Auster non si può parlare sensatamente di finalità
consolatoria nell’arte letteraria quanto piuttosto di una sua sostituzione alle
cose banalmente presenti nella quotidianità. Anche la sua vicenda umana è stata
molto burrascosa funestata da lutti gravi. In Brooklyn Stories fa dire a un suo protagonista. “Lei ha la storia,
e quando una persona è abbastanza fortunata da vivere all’interno di una
storia, da vivere in un mondo immaginario, i dolori di questo mondo svaniscono.
Perché fino a quando la storia continua, la realtà non esiste più”.
Ma la sua lettura salva il lettore dall’eccessivo
coinvolgimento tanto da non correre il rischio di cadere in una realtà
parallela perché la chiave di tenuta delle storie segue spesso una linea di
inverosimiglianza della quale hanno preso insegnamento una miriade di
sceneggiatori.
Nella prima vera opera in cui l’autore raggiunge la
consapevolezza di sé -L’invenzione della
solitudine – riesca a proporre una commistione indissolubile tra saggio,
finzione e narrazione autobiografica. Città
di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa sono i tre logoi descrittivi che compongono la
famosissima Trilogia. IL pretesto è la narrazione in forma di giallo, l’obiettivo
sta tutto nel dare immagini alla disperazione visionaria dei nostri tempi.
Altri capolavori come Moon palace, La
musica del caso, Leviatano, Mr. Vertigo, Timbuctù e tanti altri gli consentono di raggiungere una notorietà
unica di scrittore del nostro tempo.
Ma secondo il suo stesso giudizio il romanzo assoluto fu 4321.