Come se non ce ne fossero fin troppi di conflitti da
descrivere nelle esatte fenomenologie abbiamo da due giorni un nuovo duello.
Stavolta innocuo. Perché gli unici a cui interessa direttamente sono gli stessi
protagonisti. Questi sono Enrico Mentana e Lilli Gruber.
I fatti sono noti ma è dovere di cronaca ricordarli. Due
giorni fa Lilli Gruber aprendo il suo Otto e Mezzo dava dell’incontinente
verbale ad Enrico Mentana per essersi dilungato col suo tiggì invadendo il suo
ambito temporale. Ieri Enrico Mentana ha risposto a fine tiggì di La Sette
dicendo si aspetta una presa di posizione da parte della direzione altrimenti
prenderà le sue conseguenze.
È un vizio dei giornalisti italiani quello di convivere
talmente tanto con la notizia da avere la tentazione di diventare loro stessi
notizia. Qualche volta ci riescono. Ma solo per pigrizia del tele utente o del
lettore che trasferisce certi vuoti personali nell’esigenza di un teatro
vivente. I due lo hanno dato.
Un’impostazione dietro all’evidenza delle cose dette deve
guardare solo al retroscena delle stesse perché queste ultime hanno detto tutto
appena enunciate. Non hanno altro, qualsiasi sia l’intenzionalità per cui sono
state effettuate.
E allora Enrico Mentana sta cercando un momento di rottura
clamorosa con La Sette per significare il suo passaggio ad altra emittente o
altra impresa editoriale. Oppure l’episodio è la schermaglia di una lotta
interna che si sta preparando per far saltare il vecchio editore – si sa, in
ogni impresa editoriale il direttore anche se ha portato da uno al nove per
cento deve essere cambiato. E allora Mentana avrebbe solamente anticipato le
prese di distanza dal vecchio datore di lavoro preparando un’uscita in fanfara.
Diversamente, La Sette aveva un problema di gestione di pubblicità che doveva
essere spalmata per più tempo tra il tiggì e lo spazio di approfondimento di
Otto e Mezzo e come operazione di marketing si è inventata la contesa per far
parlare di sé e chiamare nuovi telespettatori in altre stazioni abituati.
In ogni caso la questione riguarda le due persone e la gestione
delle stesse. Di sicuro un nuovo tiggì, un nuovo approfondimento non aggiungerà
o toglierà niente allo spettatore che si troverà davanti con altre varianti nel
sistema di gestione della notizia sempre dannatamente uguale, sempre rispettoso
delle gerarchie consolidate.
Il duello piace agli italiani purché non siano loro a
condurlo. In questo ultimo caso si mostrano spesso renitenti e rinunciatari.
Però non rinunciano a prendere parte e sentirsi partito di uno dei due. E allora
tutto diventa materia di disputazione: il motivo per cui sia stato ritirato il
vaccino Astra Zeneca, gli arresti di Toti, la guerra in Medio Oriente, l’altra
guerra in Ucraina. Ciascuno con una presa di posizione a favore e contro. Si
tratta di demonizzare la necessità del conflitto presente in ciascuno di noi
fino a riconoscerne la necessità per ottenere condizioni di vita migliori. E
allora ci si finge nelle ragioni di altri.
È perché c’è la persuasione di aver perso le proprie.