Viene da dire che è finito il tempo anche per le grandi
battaglie identitarie. Le grandi questioni che si rafforzavano evidenziandosi
con l’esempio di una persona, tanto che la discussione appariva più agevole perché
riferita a un caso singolo, preciso, e non affidata all’impugnabilità dei dati,
quindi dei numeri, e tanto più discutibile attraverso l’offuscamento delle
idee.
Gli esempi umani personali sono stati l’esemplificazione di
questioni più grandi. In testa a tutti fu la battaglia per l’indipendenza e per
il ritrovamento di un alto e altro grado di civiltà nella lotta per l’indipendenza
dall’Inghilterra da parte dei Gandhi. Altri brillanti esempi nel personaggio
Marco Pannella ma anche negli arresti eccellenti della Prima Repubblica e del
modo controverso in cui si conclusero (Enzo Tortora). O non si conclusero attraverso
una sostanziale fuga (Toni Negri).
Casi specifici che ebbero il merito si scoperchiare problemi
reali altrimenti rimasti sommersi e invece riportati ai ranghi della coscienza
collettiva oltre che a una risposta sociale e in termini di diritto perché
costituirono un precedente chiaro al quale riferirsi.
Tutto il contrario il caso di Ilaria Salis. Innanzitutto per
come si è determinato. L’insegnante decide di partire nel paese più repressivo
d’Europa dove parteciperà a manifestazioni antifasciste – come se non ci
fossero tante questioni in casa sulle quali manifestare e far sentire
solennemente la voce. Non si capisce il suo grado di coinvolgimento in
situazioni di aggressione ma per questo è arrestata dalla polizia ungherese. Le
motivazioni sono per far parte di una comunità e tutti sanno che quando si
procede per arresti di questo tipo si getta la rete su tutti. Senza escludere
nessuno. Ci rimane impigliata anche l’apparente inoffensiva Ilaria Salis. E passa
quindici mesi in carcere senza che venga emesso neanche lo straccio di un
giudizio.
Ci sono tutti gli elementi per sollevare il caso: il grado
di libertà presenti in Ungheria, il diritto a manifestare in uno stato europeo
che dovrebbe necessariamente dirsi democratico, la verifica sul grado di
coinvolgimento ai fatti contestati da parte dell’insegnante, il dovere del
nostro paese di richiamare lo Stato che ha un connazionale in attesa di
giudizio al giusto processo e, in caso di eventuale condanna, di scontarla nel
suo paese.
Tutte questioni che sul caso umano possono essere esaltate.
Niente di tutto questo è successo. Ed era una grande occasione per tutti.
Innanzitutto per il governo di centrodestra di fare la sua parte evidenziando
come sul tema dell’italianità non si guardassero steccati ideologici e sterili.
Si è invece alluso a una colpevolezza della Salis. Si è avocato al sistema
giurisprudenziale ungherese attestando una sostanziale impotenza. Ma quando
sono stati ottenuti dei risultati, come la messa agli arresti domiciliari, se
ne è sommessamente rivendicato il merito.
Ma anche la difesa non ha brillato. L’elemento su cui
bisognava far valere ogni discorso era la persona e la sua infaticabilità nelle
battaglie sui diritti umani. Il suo essere insegnante. E invece si sono
esaltate le risibili valenze ideologiche. Risibili perché oggettivamente quelle
idee-forza nei nostri tempi non sollecitano alcuna simpatia dialettica ma
attengono a una visione del mondo appartenente al passato.
Ha sbagliato anche la risposta politica. Dandole una
patente, che non è quella ideologica e vaga dei diritti e delle libertà, ma di
un partito schierato politicamente si è arrivati a un rovesciamento. La
politica non serve a risolvere un problema di una persona in carne ed ossa che
però rappresenta una questione grande. È questa persona che risolve un problema
alla politica dando una caricatura di chiara fama a liste dove non ci sono
personalità di richiamo. Ci ha provato il PD facendo una figura misera. Ha
incassato il no della donna in prigionia. Ci è riuscita la lista Verdi e
Sinistra che però probabilmente non riuscirà a raggiungere il quorum quindi non
potrà portare Ilaria Salis in parlamento europeo. Il risultato sarà averla
esposta ancora di più alle magistrature ungheresi che sono fortemente
condizionate da un governo di destra. Se invece la lista dovesse farcela dovrà
ringraziare solo Ilaria Salis. Ma non siamo ancora sicuri se lei sarà contenta,
dopo l’avvenuta elezione.
IL capolavoro è servito. IL divertimento è solo per un
pubblico di spettatori che non ha preso coscienza di essere elettori, quindi
dalla parte di sceglie quanto c’è da vedere.