Non c’è cosa più inutile che il dibattito sul dibattito. Già
alla prima fase potrebbero esserci serie obiezioni. Oramai questi scontri a due
prima delle elezioni servono solo allo spettacolo e non ad informare. Tantomeno
a farsi un’opinione tra chi non ne ha di precise. Non è vedendo tra i due chi è
più sagace, pronto, brillante dialetticamente che si decide dove andrà la tua
preferenza.
Il meno brillante può abbracciare una cultura politica o
fare delle proposte semplicemente più vicine ai propri convincimenti. Quindi se
non apparirà il più figo o quello che dice l’ultima può essere senz’altro
preferito. Questo hanno già detto i giornali americani commentando i sondaggi
dei cittadini negli stati maggiormente in bilico.
Da Trump ci si
aspettava qualche battura scomposta, fuori registro, ed è arrivata. Ma dicendo
che gli immigrati si nutrono di cani e gatti si è esposto in modo assai meno
estemporaneo di quanto si pensi. Ha rimarcato il problema dell’immigrazione di
massa, ha sottolineato che Kamala Harris
non ha fatto nulla come vicepresidente, ha vellicato l’umore di quanti hanno a
cuore la vita dei propri animali domestici.
Da Kamala un
elenco del politicamente corretto corredato di espressioni tra il sorpreso, l’imbarazzato,
ma senza perdere la sua naturale eleganza. Ed è anche questo quanto ci si
aspettava da lei. Kamala stessa
sapeva che sarebbe stata incalzata per gli inevitabili vuoti durante la
presidenza ancora in corso, tanto che lei si è pericolosamente premurata di
dire: “io non sono Biden”.
In un botta e risposta
senza apparente rete appaiono anche fuori posto i fake checker. Gli specialisti messi a tutelare lo spettatore quando
si dia un dato scorretto o impreciso, hanno avuto molto da lavorare e quasi
sempre su Trump. Ed era chiaro anche questo. Può essere certificato il fatto
che gli immigrati vadano a caccia di gatti per nutrirsi? Eppure l’ex presidente
lo ha detto e questo rimarrà del dibattito.
IL vanto da parte di Trump
che durante la sua gestione non ci sono state guerre mentre con Biden ne sono
scoppiate due e difficili da gestire. Ed era una nozione chiara ed evidente
inevitabilmente ribadita nel dibattito. Quello che non ci si aspettava
ascoltare da Donald Trump consiste
nell’ auto-considerarsi una persona temibile da parte di Putin. Al di là del dato grottesco e improbabile in sé c’è anche l’insistenza
sulla personalizzazione di questi scontri dialettici. Come se la persona in sé
non sia se non un ultimo portavoce di un sistema di interessi.
IN sostanza c’è bisogno di un Trump per far funzionare
questi dibattiti. Ma anche il bel viso e le smorfie di Kamala hanno un perché.
Sarebbe stato interessante invece ascoltare i due sul mondo
che proponevano ai loro elettori, sul volto dell’America nell’immediato futuro,
su come intendevano – qualora intendano effettivamente – dirimere le due guerre
in corso. Come rilanciare l’economia americana! (…). Avrebbero potuto dirlo
anche in separata sede senza avere il pensiero di schermirsi dalle bordate
arrivate dalla parte opposta. Un’intervista sul programma e sulle prospettive
in cui il cronista veste i panni di un americano qualsiasi e il candidato dice
effettivamente chi è e come intende cambiare il mondo.
Niente di tutto questo. In compenso quasi sicuramente
saranno rieditati i dibattiti per il ludibrio sportivo del pubblico sempre
curioso di scommettere su chi dei due rimarrà in piedi.
Si tratta di una nuova esibizione della tecnica. Funziona. E
questa è l’unica cosa che conta.